giovedì 24 novembre 2016

Certificazione delle Competenze HR - Messaggio del Presidente



Carissimi soci,
in passato ho avuto modo di mettere in evidenza il progetto legato alla Certificazione HR; ebbene, oramai possiamo affermare che la nostra “scommessa” è stata vinta, visto che AIDP ha dato concretamente il via alla Certificazione delle Competenze HR. 

La prima sessione di esami si è tenuta l’11 maggio a Genova, ed ha visto partecipare i primi 4 candidati! Risultato: i primi 4 certificati.

Un ulteriore segno tangibile dell’importanza di questa Certificazione è dato dalla sempre più frequente ricerca, da parte delle Aziende, di professionisti del mondo HR “Certificati”, sulla falsariga di quanto, da anni, sta accadendo in Europa e nei Paesi Anglosassoni. 

Il 21 Novembre scorso si è tenuto un incontro dal titolo “Costruiamo insieme il ruolo dell'HR: la Certificazione delle Competenze, come riconoscersi e farsi riconoscere”. E' stato il primo evento di un roadshow che vedrà AIDP in tutta Italia per parlare in dettaglio della Certificazione delle Competenze HR e per capirne bene le potenzialità, il valore e gli sviluppi.

Nell'attesa, sul sito AIDP nella sezione dedicata alla certificazione: http://www.aidp.it/certificazione/ potrete trovare tutta la documentazione e i link di approfondimento.

Cordialmente.


Il Presidente Alfonso Orfanelli

lunedì 24 ottobre 2016

BRAND YOU - 7 ottobre 2016

Come farsi notare nel mondo del lavoro? Come comunicare in maniera strategica le proprie skills e il proprio valore per trovare il lavoro giusto? Che cosa significa fare Personal Branding? Come utilizzare i social in maniera efficace?
Questi i temi del seminario“BRAND YOU!  Come distinguersi nella ricerca del lavoro, nell’era del social recruiting”, nato dalla stretta collaborazione tra AIDP Abruzzo e Molise, l’Associazione CreaLavoroGiovani e Fater S.p.a., che si è tenuto venerdì 7 ottobre presso il Golf Country Club di Miglianico.
Evento ricco di stimolanti spunti di riflessione sul Personal Branding, durante il quale, sono stati forniti input sull’importanza di avviare strategie di Brand Personale e stimoli di riflessione per comprendere come è cambiata la ricerca del lavoro nell’era dei social network, come creare un forte personal brand che identifichi al meglio l'immagine personale e come questo possa creare opportunità di carriera uniche, che altrimenti rimarrebbero inesplorate.

Per le aziende è stato messo in evidenza come, oggi, il lavoro dell'HR manager, dei recruiter ed il ruolo del personale dipendente sia profondamente cambiato, e come gli head hunter siano destinati a fare uso maggiore del social e branding recruiting, abbandonando i canali tradizionali a favore di strumenti che consentano loro di conoscere in modo trasversale e più nello specifico i candidati ideali.

Gli interventi, preceduti dalla pregevole introduzione di Alfonso Orfanelli, Presidente AIDP Abruzzo e Molise, hanno abbracciato quattro aree di azione: Il personal Branding (coach e trainer Damiano De Cristofaro) - I Social Network nel Personal Branding (Amministratore della Bloo s.r.l. Luca Propato) – Il Personal Branding per i giovani (coache e trainer Alessandro Pornaro) – Il Personal Branding per il manager (direttore delle Risorse Umane della Fater, Gianluca Nardone e il Responsabile Talent Supply della Fater Marino D’Ascenzo)
Che cosa significa fare Personal Branding?
Oggi si parla molto di Personal Branding, ma non è sempre chiaro cosa contiene questo termine.
Molte persone comunicano attraverso i canali tradizionali e digitali senza un approccio, sistemico e strategico, che parta dalla definizione della propria identità personale.
Spesso l’approccio alla divulgazione di ciò che siamo è sommario, non ben calibrato e non riesce a risponde alla domanda che tutti - dal cliente, al datore di lavoro - si pongono: “Perché dovrei scegliere te?
Che si tratti di imprenditori, commerciali, manager, giovani in cerca di lavoro, tutti si confrontano presto o tardi con questa domanda.
Verrebbe da pensare che la risposta sia agevole, perché si tratta di “noi” - l’argomento che conosciamo meglio di ogni altro! - eppure può essere veramente molto arduo dare una risposta efficace idonea a far comprendere all’interlocutore chi siamo, cosa cerchiamo e, soprattutto, il valore che lui acquisirebbe per il solo fatto di “sceglierci”.

Quando incontri qualcuno che ti interessa, come ti presentii? Cosa comunichi di te?

Domande che possono sembrare banali,  nondimeno, quando ci troviamo in situazioni nelle quali possiamo aumentare il nostro network o “fare colpo” su una persona che ci interessa, non sappiamo sempre come presentarci, cosa dire, come comunicare il nostro valore, rischiando di perdere un’occasione.
Il Personal Branding ci offre la possibilità di comunicare in maniera efficace il nostro Brand ogni volta che se ne presenta l’occasione e giacchè, grazie ai Social Network, siamo in costante relazione con gli altri, questa opportunità è diventata illimitata.
Ne deriva che  avere una strategia mirata di Personal Branding non è solo opportuno, ma necessario!
Cosa significa, quindi, costruire un brand per la persona?
Le strategie di Personal Branding servono ad incrementare la nostra reputazione e, quindi, a generare un rapporto fiduciario con i nostri interlocutori, creando un’immagine coerente con quello che siamo realmente; un’immagine legata alla nostra identità, ai nostri valori, alle nostre competenze, ai nostri obiettivi e desideri in maniera chiara e coerente in modo da incrementare la nostra reputazione e generare fiducia.
In altre parole fare Personal Branding è una strategia volta ad individuare obiettivi, aspirazioni, punti di forza, unicità ed a comunicare in maniera coerente ed efficace chi sei, cosa fai, quali benefici offri e perché gli altri dovrebbero scegliere proprio te.
Quale strategia per il proprio Brand?
Una delle parole chiave del Personal Branding è consapevolezza.
Prima di tutto dobbiamo prendere consapevolezza che l’immagine che pensiamo di trasmettere non è sempre quella che gli altri percepiscono; il successo di una buona strategia di sviluppo del brand personale fa in modo che ci sia coerenza tra l’immagine che volgiamo dare all’esterno e quella che viene percepita.
Va precisato che fare Personal Branding non significa dare un’immagine falsa di sé! Questo, infatti, non è solo inopportuno, ma anche pericoloso per la nostra reputazione e per il rapporto di fiducia che instauriamo con il nostro “pubblico”.
Ricordiamo che la visibilità attrae le persone, ma è la competenza che le fidelizza!

Ne deriva che, a fronte di un’immagine artefatta, che pure ci consentirà di essere scelti da tante persone, la nostra reputazione ne risentirà negativamente.

Per dare un’immagine coerente ed efficace è necessario individuare consapevolmente: la tua identità (valori, punti di forza, aree di miglioramento, aspirazioni, obiettivi), cosa comunichi (benefici chiave, prodotti, servizi o attività), a chi lo comunichi (il target alla quale ti rivolgi), come lo comunichi (i canali ed i mezzi – digitali e tradizionali – che scegli per farti conoscere) ed infine, gli investimenti necessari ed i risultati da raggiungere.
In altre parole fare Personal Branding significa definire il proprio Brand ed elaborare una strategia consapevole che ci permetta di comunicare la nostra unicità ed ottenere la visibilità che desideriamo.
Il Personal Branding, per certi aspetti, dunque non scopre l’acqua calda: fondamentalmente dice che devi aver consapevolezza di te, dei tuoi obiettivi e trovare la miglior strategia per raggiungerli.

L’innovazione portata dal concetto di Personal Branding sta nel puntare sull’unicità di ognuno di noi, nel farla valere ed emergere e nel calare tutto questo nell’attuale mercato globale del lavoro, con tutte le sue variabili e le possibilità comunicative.

E per i giovani che si affacciano per la prima volta sul mercato, che significa?

Un giovane, ancor più che una persona con esperienza lavorativa, deve prima di tutto partire dalla conoscenza e consapevolezza di sé: capire motivazioni ed interessi, caratteristiche e punti di forza, scoprire la sua unicità.

Dopodichè deve definire con quanta più precisione possibile il suo obiettivo professionale. Per farlo, oltre alla riflessione interna a sé, dovrà informarsi ed analizzare accuratamente il mercato del lavoro per capire quali sono le reali possibilità a disposizione. Solo con un giusto mix di consapevolezza interna ed esterna potrà progettare con efficacia l’inizio della sua carriera.

Il mondo del lavoro, in Italia e all’estero, è in grandissima e velocissima evoluzione. Non solo rispetto alle forme di collaborazione o contrattuali possibili, ma soprattutto perché stanno nascendo moltissime nuove professioni in tutti gli ambiti: dal digitale all’agricoltura, dal sociale all’architettura, ci sono figure professionali che prima non esistevano e che offrono nuove e diverse opportunità occupazionali, ma anche nuove e diverse modalità di accesso o di relazione con gli interlocutori chiave.

Un giovane deve dunque farsi un’idea precisa delle varie possibilità e, a quel punto, definire l’obiettivo.
Molti si buttano alla ricerca di un lavoro in maniera casuale, senza un’idea precisa e pensando che per reperire opportunità basti fare un curriculum e spararlo nel mucchio, rispondendo a quanti più annunci possibile, aspettando poi e sperando che il lavoro arrivi.

Il Personal Branding dice anche che la persona deve assumersi la responsabilità di far sapere al mondo che esiste e che ha determinate capacità, che sa e vuole risolvere determinati problemi. Perché il mondo non sa che esisti!

Inoltre dice che non esiste un solo modo per cercare lavoro, ma che ogni obiettivo professionale prevede uno specifico target di interlocutori da raggiungere, o da cui farsi trovare, attraverso specifiche strategie, canali e registri comunicativi e “luoghi online e offline” da frequentare.
Linkedin, ad esempio, è un luogo virtuale che sta acquisendo sempre più importanza sia per chi cerca lavoro e vuole essere visibile, sia per chi cerca risorse da inserire nella propria organizzazione. Ma non  è detto che tutti debbano essere presenti e attivi su questo social network. Se una persona volesse, ad esempio, aprire una struttura ricettiva, bed & breakfast o agriturismo, probabilmente dovrà curare la sua presenza in altri social network o piattaforme (airbnb, tripadvisor, ecc).

Lo stesso curriculum, strumento di promozione professionale per eccellenza, non è detto che abbia la stessa importanza per tutti gli ambiti e le figure professionali: per professionalità come il web designer, il grafico, l’art director, l’architetto, il curriculum non è fondamentale, ma è molto più importante un luogo virtuale (pagina web, sito, porfolio online) o una raccolta fisica (book) che presenti i lavori realizzati.

Personal Branding vuol dire, dunque, chiedersi a chi voglio arrivare o da chi voglio farmi trovare, che luoghi frequenta il mio target, che cosa gli interessa o vuole vedere.

Infine va detto che, per un giovane, trovare nuovi modi per essere presente e visibile sul mercato, e non limitarsi ad inviare curriculum, significa potersi distinguere dalla massa di persone alla ricerca di lavoro e poter emergere facendo già intuire alcune capacità o caratteristiche personali.

In quest’ottica una corretta attività di networking, di sviluppo delle relazioni, rimane sempre un fattore fondamentale di una buona campagna di ricerca attiva del lavoro, soprattutto in Italia, dove la maggior parte delle opportunità passa ancora per i canali informali e relazionali.

Il Personal Branding, per i giovani ma non solo, è quindi anche proattivazione, creatività, cura di sé e dei propri obiettivi.

E i social network che ruolo hanno nel Personal Branding?

I social network sono ormai determinanti nel mercato del lavoro e di questo i giovani devono essere assolutamente consapevoli.

Molte ricerche dimostrano due concetti fondamentali.
Innanzitutto che sempre più HR e recruiter utilizzano costantemente i social per cercare direttamente i candidati, in particolar modo su Linkedin.
È necessario capire quale social è utile per il settore a cui ci si vuole affacciare e lì essere presenti. Ma non basta esserci su un social network, bisogna avere un profilo che sia fatto in modo utile. Un profilo Linkedin appena abbozzato o incompleto, ad esempio, non aiuta perché non offre la giusta visibilità, non fornisce le informazioni necessarie, non fa emergere esperienze e competenze, non fa lavorare l’algoritmo che gestisce il social network perché non ci sono parole chiave a stimolarlo.
È importante avere un profilo completo, ricco, redatto nella giusta forma e con una fotografia opportuna ed adatta.

L’altra indicazione che arriva dalle ricerche sull’utilizzo dei social è che HR e recruiter usano  i social anche per conoscer meglio la persona prima o dopo il colloquio. In questo caso entrano in gioco anche altri social come Facebook ad esempio. Molti HR dichiarano di aver escluso candidati per informazioni ritenute inopportune trovate nelle loro pagine social.
In questo caso si parla anche di Digital Reputation. Bisogna fare attenzione a informazioni, post, foto, condivisioni che abbiamo nei nostri social network perché, se sconvenienti potrebbero minare la nostra immagine ed essere motivo di esclusione da un processo di selezione.

Insomma, i social network sono a tutti gli effetti una parte sostanziale anche della nostra immagine professionale e, se usati con attenzione strategica, possono favorire notevolmente il nostro Personal Branding. (Damiano De Cristoforo, Alessandro Pornaro)



lunedì 3 ottobre 2016

Carissimi,
il nostro gruppo regionale ha puntato negli anni a dare sempre il meglio in termini di creatività, comunicazione e condivisione e lo ha fatto grazie ad AIDP Communication, gruppo informale che si riunisce una volta al mese e contribuisce a rendere operative e concrete le linee guida del Direttivo.

AIDP Communication ricerca nuove “persone” che possano offrire il loro tempo e la loro creatività all'associazione.

Numerose le attività, diversi gli strumenti da realizzare: dallo studio grafico delle brochure, alla struttura di una mail, dalla scelta delle location, alle scenografie degli eventi, dagli articoli da pubblicare sui media al materiale da inserire sul blog, dalle foto ai materiali di marketing associativo da realizzare... e non solo!

E poi è sempre un’opportunità di confronto con i colleghi e per fare due chiacchiere davanti a perché no un buon bicchiere di vino.

Per trasmettervi la visione di AIDP Communication abbiamo chiesto a chi ha già fatto parte della squadra... "parlami di questa esperienza!":

"Il bello del Team Communication è "esserci"! Perchè è un modo dinamico di vivere l'associazione facendo qualcosa di diverso, dando spazio all'immaginazione."
Elisa Antonioni
"Il gruppo Communication è contaminazione di idee, è passione e laboratorio di gruppo. Ma è sopratutto un gruppo di persone che amano stare insieme e crescere per piacere!"
Dante D'Alfonso
"Il gruppo Communication è un modo per esprimere se stessi, dilatare il tempo che si trascorre con i soci e conoscersi meglio."
Silvia Mattioli
Il gruppo sarà coordinato da Silvia Mattioli, componente del Direttivo AIDP.

Vi aspettiamo numerosi, rispondi a questa mail e dai la tua adesione!



Cordialmente,
Alfonso Orfanelli

lunedì 18 luglio 2016

Foto dal Project Work del Master in “Gestione delle Risorse Umane” della Radar Consulting, in collaborazione con AIDP Abruzzo e Molise, ospitato quest’anno dalla “Rexam Beverage Can Italia S.R.L.” di San Martino.




martedì 5 luglio 2016

venerdì 27 maggio 2016

NOVE MOSSE PER IL FUTURO di Giuseppe Biazzo, Filippo Di Nardo


Il mondo è cambiato (e sta ancora cambiando). Quante volte abbiamo sentito questa affermazione.
E con il mondo cambia anche il lavoro: spariscono dei mestieri, nascono dei nuovi, se ne trasformano altri. Non accettare ed adeguarsi ai cambiamenti sociali e/o lavorativi, vuol dire di fatto restare emarginati. Vito Gioia, cacciatore di teste, ha scritto un libro dal titolo “E’ facile trovare lavoro se hai voglia di lavorare”. Un titolo sicuramente provocatorio ed in fatti è proprio questo lo scopo, scuotere il lettore, renderlo attivo nella ricerca di un lavoro e non passivo. Vito Gioia afferma “ Molte persone non lavorano perché cercano il lavoro che non c’è, quel lavoro ideale che hanno sognato ma che il mercato non può più offrire, almeno in questo momento. Se invece cercassero il lavoro che c’è, cioè quello che il mercato chiede, avremmo meno disoccupati”.

Faccio parte della generazione nata negli anni settanta, una generazione “fuori posto” con alle spalle un boom economico inaspettato ed un futuro che sembrava scandito dalla tecnicità. Mi spiego meglio: negli anni 60/70 il mondo del lavoro e della formazione richiedeva profili professionali tecnici che non si trovavano e richiedevano alla scuola superiore una formazione concreta spendibile subito nel mondo del lavoro (i licei infatti erano consigliati solo a chi voleva andare all’università), nascono cosi gli “istituti tecnici” a vari indirizzi, tecnico, industriale, amministrativo.  Dalla metà degli anni ottanta/novanta abbiamo assistito ad una sfornata di massa di tecnici pronti ad entrare nel mondo del lavoro. Per una decina di anni le cose sembravano funzionare bene. Poi il mondo è cambiato e tutto era “obsoleto”: la formazione scolastica, l’handicap di noi italiani nella conoscenza soprattutto della lingua inglese, nuove professioni richieste, lavoratori che si ritrovavano con nozioni e competenze non più spendibili. “Nove mosse per il futuro” è un libro molto interessante indirizzato principalmente ai giovani, ma che da quarantenne, consiglio anche ai miei coetanei che sono ancora ancorati ad una mentalità del lavoro che non esiste più. Quello che dovremmo fare è aprire gli occhi al mondo, svegliarci dal sogno di un lavoro che magari per adesso non c’è, dobbiamo invece capire in quali contesti possiamo mettere a frutto le ns competenze. Puntare sulle ns passioni, gli hobbies e magari farle diventare un’opportunità professionale. Per fare questo la parola d’ordine è occupabilità, in inglese “Employability”. Stiamo passando dalla cultura della difesa del posto di lavoro, sempre meno sostenibile, alla cultura dell’occupabilità. Si tratta di tutte quelle pratiche che devono essere attivate per facilitare la collocazione e ricollocazione al lavoro. Spostare il focus sull’Employability significa garantire alle persone una continuità lavorativa e professionale per l’intero arco della loro vita occupazionale, puntando soprattutto sulle potenzialità di reimpiego piuttosto che in una sterile difesa a oltranza del posto di lavoro. “Nove mosse per il futuro” indica la giusta mentalità che occorre per affrontare un mondo del lavoro che è ormai cambiato, sta cambiando e che nel futuro cambierà ancora. Buona lettura. (Dante D'Alfonso)
SCHEDA DEL LIBRO: Questo libro è rivolto a tutti i giovani in procinto di cercare un lavoro. Non è, però, una cassetta degli attrezzi utile per scrivere al meglio un curriculum vitae o per affrontare con il giusto piglio un colloquio di lavoro. L’obiettivo decisamente più ambizioso è di far breccia nel modo di pensare dei giovani, e di spronarli a mettere in gioco determinati comportamenti per affrontare al meglio la sfida del lavoro dei nostri tempi. Il libro si rivolge direttamente alle giovani generazioni per aiutarle a comprendere meglio la realtà del mondo del lavoro di oggi, contribuendo ad interpretarla, in modo da ricercarne opportunità piuttosto che frustrazioni. Esistono tante possibilità e tante strade per realizzare se stessi e sentirsi appagati. Quello che conta, però, è l’atteggiamento verso il lavoro “Nove mosse per il futuro” indica la giusta mentalità che occorre per farcela. (ed Guerini Next)


GLI AUTORI - GIUSEPPE BIAZZO fondatore e amministratore delegato di Orienta SpA, una delle principali Agenzie per il lavoro. Laureato in economia con un master in MBA presso l’Ipsoa di Milano, è inoltre presidente di Ebitemp, l’ente bilaterale del settore della somministrazione. E’ stato vicepresidente di Assolavoro – FILIPPO DI NARDO è un giornalista specializzato sul mercato del lavoro e saggista. Direttore responsabile di Kongnews.it. E’ autore televisivi di vari programmi sul mondo del lavoro, tra cui Eureka.

sabato 14 maggio 2016

ETICA DEL LAVORO - Centralità della Persona e bene comune

ETICA DEL LAVORO - Centralità della persona e bene comune

Hotel Serena Majestic – Montesilvano, 6 maggio 2016

La nostra associazione AIDP Abruzzo e Molise, ha sempre avuto
la consapevolezza del delicato ruolo di “cerniera” che l’HR gioca quando si presentano situazioni in cui un management, sempre più orientato al conseguimento di risultati, prende decisioni discutibili da un punto di vista “etico”.
In queste occasioni l’HR deve coagualare delle sue strategie per argomentare e orientare le scelte del management affinché consegua i risultati desiderati e, al contempo, operi dimostrando la sua attenzione al bene comune dei propri stakeholder (persone, comunità di riferimento, ambiente, ecc).
E’ proprio in questa prospettiva di voler dare ai manager HR nuovi spunti di riflessione sui principi alla base di scelte “etiche”, è stato organizzato l’incontro “Etica del Lavoro” a cui è stato invitato come relatore p. Natale Brescianini, monaco benedettino e abate del monastero di Monte Giove (Fano), con trascorsi aziendali. Queste due dimensioni, spirituale e aziendale, nel tempo hanno trovato in lui una sintesi, generando delle competenze che oggi mette al servizio di tutti, sia come coach che come formatore.
Il suo intervento ha preso spunto da alcuni capitoli della Regola di San Benetto, i cui principi, ispirati al bene comune, che, a suo dire, mantengono la loro validità ieri come oggi.
Il suo invito, all’inizio dell’intervento, è stato: diventate Contemplativi! Ci ha spiegato che la radice di contemplazione è en-optico, ossia guardare dentro, cambiare prospettiva. E’ proprio questa dimensione di cui abbiamo bisogno e proseguendo ce lo spiegato attraverso riflessioni e aneddoti.
Molte delle indicazioni presenti nella Regola hanno un parallelismo con concetti di management, come ad esempio il concetto di Bene Comune, che lo si può assimilare ai concetti di: win-win, sinergia, relazione e reciprocità. L’altra evidenza è che nella Regola la persona è posta sempre al centro, non come puro oggetto di attenzione,  ma come elemento di una rete in cui ciascuno da la sua eccedenza, ossia va addirittura oltre quello che prevede la regola. Tale condizione la potremmo assimilare al concetto di Proattività, caro alle aziende, che ha in sé l’andare oltre per un qualcosa che serve effettivamente agli altri, alla comunità, all’organizzazione, ma che non è chiesto.
Parlando del motto benedettino, che usualmente conosciamo come “Ora et Labora”, ce lo ha formulato come realmente è, ossia: Ora et Lege et Labora; poi ci ha chiesto: qual è, secondo voi,  la componente più importante di tale motto? Dopo vari interventi che si concentravano nel posizionare in vario modo i tre elementi, p. Natale, con semplicità ci ha cambiato drasticamente la prospettiva rivelandoci che l’elemento più importante è l’“ET”, lasciandoci sorpresi da tale verità.
Andando verso la conclusione ci ha parlato di alcune Competenze indispensabili per essere un buon monaco: il Silenzio e l’Ascolto. Silenzio come “silentium” che è assenza di rumore e “taciturnitas” che, a differenza del senso che comunemente attribuiamo a questa parola, vuole dire … amore per la parola.
L’Ascolto come “auscultare” ossia, sentire, meditare (andare all’essenziale) per decidere e agire.
A conclusione dell’intervento, per farci comprendere con efficacia il concetto di dono, ha raccontato la storiella degli 11 cammelli, la cui morale è: quando si dona qualcosa di sé, di proprio, si è tutti più ricchi.
Queste nostre poche righe non possono rendere la ricchezza, la profondità degli stimoli ricevuti e l’apprezzamento dei presenti. Quest’ultimo si è reso manifesto nel tenore vivace del debriefing che è seguito all’intervento, al quale hanno preso parte alcuni ospiti invitati in rappresentanza del mondo aziendale ed HR ed i presenti.
A chi ha partecipato all’evento, il compito di trarre ispirazione dal motto “Ora et Lege et Labora” per rivedere la prospettiva con cui si è abituati a guardare le situazioni di ogni giorno, siano esse di vita che aziendali, per tenere conto di qual é il “Bene Comune” da considerare, bene comune che è la cenerentola di questi nostri tempi e di cui tutti ne capiscono il valore ma pochi sanno come poterlo realizzare, HR compresi. (Hector Nardone)