venerdì 27 maggio 2016

NOVE MOSSE PER IL FUTURO di Giuseppe Biazzo, Filippo Di Nardo


Il mondo è cambiato (e sta ancora cambiando). Quante volte abbiamo sentito questa affermazione.
E con il mondo cambia anche il lavoro: spariscono dei mestieri, nascono dei nuovi, se ne trasformano altri. Non accettare ed adeguarsi ai cambiamenti sociali e/o lavorativi, vuol dire di fatto restare emarginati. Vito Gioia, cacciatore di teste, ha scritto un libro dal titolo “E’ facile trovare lavoro se hai voglia di lavorare”. Un titolo sicuramente provocatorio ed in fatti è proprio questo lo scopo, scuotere il lettore, renderlo attivo nella ricerca di un lavoro e non passivo. Vito Gioia afferma “ Molte persone non lavorano perché cercano il lavoro che non c’è, quel lavoro ideale che hanno sognato ma che il mercato non può più offrire, almeno in questo momento. Se invece cercassero il lavoro che c’è, cioè quello che il mercato chiede, avremmo meno disoccupati”.

Faccio parte della generazione nata negli anni settanta, una generazione “fuori posto” con alle spalle un boom economico inaspettato ed un futuro che sembrava scandito dalla tecnicità. Mi spiego meglio: negli anni 60/70 il mondo del lavoro e della formazione richiedeva profili professionali tecnici che non si trovavano e richiedevano alla scuola superiore una formazione concreta spendibile subito nel mondo del lavoro (i licei infatti erano consigliati solo a chi voleva andare all’università), nascono cosi gli “istituti tecnici” a vari indirizzi, tecnico, industriale, amministrativo.  Dalla metà degli anni ottanta/novanta abbiamo assistito ad una sfornata di massa di tecnici pronti ad entrare nel mondo del lavoro. Per una decina di anni le cose sembravano funzionare bene. Poi il mondo è cambiato e tutto era “obsoleto”: la formazione scolastica, l’handicap di noi italiani nella conoscenza soprattutto della lingua inglese, nuove professioni richieste, lavoratori che si ritrovavano con nozioni e competenze non più spendibili. “Nove mosse per il futuro” è un libro molto interessante indirizzato principalmente ai giovani, ma che da quarantenne, consiglio anche ai miei coetanei che sono ancora ancorati ad una mentalità del lavoro che non esiste più. Quello che dovremmo fare è aprire gli occhi al mondo, svegliarci dal sogno di un lavoro che magari per adesso non c’è, dobbiamo invece capire in quali contesti possiamo mettere a frutto le ns competenze. Puntare sulle ns passioni, gli hobbies e magari farle diventare un’opportunità professionale. Per fare questo la parola d’ordine è occupabilità, in inglese “Employability”. Stiamo passando dalla cultura della difesa del posto di lavoro, sempre meno sostenibile, alla cultura dell’occupabilità. Si tratta di tutte quelle pratiche che devono essere attivate per facilitare la collocazione e ricollocazione al lavoro. Spostare il focus sull’Employability significa garantire alle persone una continuità lavorativa e professionale per l’intero arco della loro vita occupazionale, puntando soprattutto sulle potenzialità di reimpiego piuttosto che in una sterile difesa a oltranza del posto di lavoro. “Nove mosse per il futuro” indica la giusta mentalità che occorre per affrontare un mondo del lavoro che è ormai cambiato, sta cambiando e che nel futuro cambierà ancora. Buona lettura. (Dante D'Alfonso)
SCHEDA DEL LIBRO: Questo libro è rivolto a tutti i giovani in procinto di cercare un lavoro. Non è, però, una cassetta degli attrezzi utile per scrivere al meglio un curriculum vitae o per affrontare con il giusto piglio un colloquio di lavoro. L’obiettivo decisamente più ambizioso è di far breccia nel modo di pensare dei giovani, e di spronarli a mettere in gioco determinati comportamenti per affrontare al meglio la sfida del lavoro dei nostri tempi. Il libro si rivolge direttamente alle giovani generazioni per aiutarle a comprendere meglio la realtà del mondo del lavoro di oggi, contribuendo ad interpretarla, in modo da ricercarne opportunità piuttosto che frustrazioni. Esistono tante possibilità e tante strade per realizzare se stessi e sentirsi appagati. Quello che conta, però, è l’atteggiamento verso il lavoro “Nove mosse per il futuro” indica la giusta mentalità che occorre per farcela. (ed Guerini Next)


GLI AUTORI - GIUSEPPE BIAZZO fondatore e amministratore delegato di Orienta SpA, una delle principali Agenzie per il lavoro. Laureato in economia con un master in MBA presso l’Ipsoa di Milano, è inoltre presidente di Ebitemp, l’ente bilaterale del settore della somministrazione. E’ stato vicepresidente di Assolavoro – FILIPPO DI NARDO è un giornalista specializzato sul mercato del lavoro e saggista. Direttore responsabile di Kongnews.it. E’ autore televisivi di vari programmi sul mondo del lavoro, tra cui Eureka.

sabato 14 maggio 2016

ETICA DEL LAVORO - Centralità della Persona e bene comune

ETICA DEL LAVORO - Centralità della persona e bene comune

Hotel Serena Majestic – Montesilvano, 6 maggio 2016

La nostra associazione AIDP Abruzzo e Molise, ha sempre avuto
la consapevolezza del delicato ruolo di “cerniera” che l’HR gioca quando si presentano situazioni in cui un management, sempre più orientato al conseguimento di risultati, prende decisioni discutibili da un punto di vista “etico”.
In queste occasioni l’HR deve coagualare delle sue strategie per argomentare e orientare le scelte del management affinché consegua i risultati desiderati e, al contempo, operi dimostrando la sua attenzione al bene comune dei propri stakeholder (persone, comunità di riferimento, ambiente, ecc).
E’ proprio in questa prospettiva di voler dare ai manager HR nuovi spunti di riflessione sui principi alla base di scelte “etiche”, è stato organizzato l’incontro “Etica del Lavoro” a cui è stato invitato come relatore p. Natale Brescianini, monaco benedettino e abate del monastero di Monte Giove (Fano), con trascorsi aziendali. Queste due dimensioni, spirituale e aziendale, nel tempo hanno trovato in lui una sintesi, generando delle competenze che oggi mette al servizio di tutti, sia come coach che come formatore.
Il suo intervento ha preso spunto da alcuni capitoli della Regola di San Benetto, i cui principi, ispirati al bene comune, che, a suo dire, mantengono la loro validità ieri come oggi.
Il suo invito, all’inizio dell’intervento, è stato: diventate Contemplativi! Ci ha spiegato che la radice di contemplazione è en-optico, ossia guardare dentro, cambiare prospettiva. E’ proprio questa dimensione di cui abbiamo bisogno e proseguendo ce lo spiegato attraverso riflessioni e aneddoti.
Molte delle indicazioni presenti nella Regola hanno un parallelismo con concetti di management, come ad esempio il concetto di Bene Comune, che lo si può assimilare ai concetti di: win-win, sinergia, relazione e reciprocità. L’altra evidenza è che nella Regola la persona è posta sempre al centro, non come puro oggetto di attenzione,  ma come elemento di una rete in cui ciascuno da la sua eccedenza, ossia va addirittura oltre quello che prevede la regola. Tale condizione la potremmo assimilare al concetto di Proattività, caro alle aziende, che ha in sé l’andare oltre per un qualcosa che serve effettivamente agli altri, alla comunità, all’organizzazione, ma che non è chiesto.
Parlando del motto benedettino, che usualmente conosciamo come “Ora et Labora”, ce lo ha formulato come realmente è, ossia: Ora et Lege et Labora; poi ci ha chiesto: qual è, secondo voi,  la componente più importante di tale motto? Dopo vari interventi che si concentravano nel posizionare in vario modo i tre elementi, p. Natale, con semplicità ci ha cambiato drasticamente la prospettiva rivelandoci che l’elemento più importante è l’“ET”, lasciandoci sorpresi da tale verità.
Andando verso la conclusione ci ha parlato di alcune Competenze indispensabili per essere un buon monaco: il Silenzio e l’Ascolto. Silenzio come “silentium” che è assenza di rumore e “taciturnitas” che, a differenza del senso che comunemente attribuiamo a questa parola, vuole dire … amore per la parola.
L’Ascolto come “auscultare” ossia, sentire, meditare (andare all’essenziale) per decidere e agire.
A conclusione dell’intervento, per farci comprendere con efficacia il concetto di dono, ha raccontato la storiella degli 11 cammelli, la cui morale è: quando si dona qualcosa di sé, di proprio, si è tutti più ricchi.
Queste nostre poche righe non possono rendere la ricchezza, la profondità degli stimoli ricevuti e l’apprezzamento dei presenti. Quest’ultimo si è reso manifesto nel tenore vivace del debriefing che è seguito all’intervento, al quale hanno preso parte alcuni ospiti invitati in rappresentanza del mondo aziendale ed HR ed i presenti.
A chi ha partecipato all’evento, il compito di trarre ispirazione dal motto “Ora et Lege et Labora” per rivedere la prospettiva con cui si è abituati a guardare le situazioni di ogni giorno, siano esse di vita che aziendali, per tenere conto di qual é il “Bene Comune” da considerare, bene comune che è la cenerentola di questi nostri tempi e di cui tutti ne capiscono il valore ma pochi sanno come poterlo realizzare, HR compresi. (Hector Nardone)